signa coelestes – MARCO PELLIZZOLA
20 maggio – 25 giugno 2023
in Via Garibaldi 22 a Ferrara
..”il cielo in una stanza” così un colto cantautore italiano, Gino Paoli, titolava una sua canzone negli anni sessanta, divenuta un cult dei giovani di quella generazione.
Che c’entra direte, ecco, Marco Pellizzola, artista di levatura internazionale, conosce il “tempo” lo sa coniugare ed attraversare, così in questa sua opera*Signa Coelestes* che presenta in 7MQ, la poetica dell’artista nel connotare le tracce celesti eterne del cosmo ha la sensibilità di farci sognare oltre le mura delle nostre abitudini e toccando “suoni visivi”, sa regalarci il silenzio dei sogni, segnati là nell’infinito e portati nella stanza dei cuori desideranti .. che non si arrendono alla claustrofobia del relativismo portato dalla modernità mercantile.
testo a cura di Giorgio Cattani
Marco Pellizzola, artista italiano, ha iniziato la carriera artistica negli anni Settanta.
Una pioggia di azzurro, quasi a voler ricoprire il grigio di questi tempi tristi dove il colore stenta ad apparire anche agli occhi più golosi. Un azzurro stellare che appare all’improvviso a stupire, commuovere ed avvolgere chi si trascina stanco e rassegnato dentro ad una vita in bianco e nero.
L’arte di Pellizzola è già un agire con direzione di senso dentro un mondo vuoto, disabitato, scarnificato.
Contrasta così, con indicibile dolcezza, l’alienazione prodotta da una cultura invasiva di consumo e distrazione. Erede dello spirito creativo del lavoro artigianale, riesce con il suo segno e la sua grazia ad elargire un modello di lavoro artistico che sopravvive e reagisce nel tentativo di rinnovare la realtà. Può l’arte ancora compensare l’estraniazione, nella sua radicale inattualità, fungere da cura?
Bisogna potere tornare a vagare nell’immaginazione, come fossimo dentro una grande stanza dove l’anonimo si scansa e lascia che possa accendersi ancora l’incanto dello sguardo. Si affaccia così un’opera di inedita bellezza che vale per figure, terra e cielo. Include in sé il “tutto sapere”. Tutto si allunga superando le dimensioni anguste spazio-temporali. Crolla quell’inutile equilibrio statico, quel ritmo che battono i piedi dell’anonimato circostante. E si aprono le danze senza più confini e orizzonti non scelti e non amati. Tutto sembra tornare elastico e dionisiaco, ascendendo a quel punto dove solo gli spiriti accesi oltre il proprio limite possono giungere.
Anche la ricerca del suo azzurro sembra rimarcare le intenzioni di un Henrì Matisse dichiarante in una lettera in cui così scrive “…per il cielo un bel blu, il più blu dei blu (la superficie è colorata fino alla saturazione, vale a dire fino ad un punto in cui emerge finalmente il blu, l’idea del blu assoluto) e lo stesso vale per il verde della terra, per il vermiglione vibrante dei corpi”.
testo a cura di Francesca Boari