caecus non judicat de colore – STEFANO PIZZI
16 settembre – 21 ottobre 2023
in Via Garibaldi 22 a Ferrara
Chi non vede non può giudicare i colori, questo è il titolo della mostra che Stefano Pizzi porta a 7MQ Galleria in Ferrara via Garibaldi 22.
L’artista, rispettando la storicità della città, dove De Chirico porta all’arte il personale pensiero Metafisico, attualizza con il suo originale gesto pittorico, l’introspezione Dechirichiana e, con effetto sublime, ne crea un new_pop di attualissimo significato.
Infatti la realtà “millennia” stordendo con le sue “vetrine luccicanti” una società, ubriaca di colori bugiardi annullando il pensiero, Pizzi ribalta il tavolo e dà con i colori il senso della bellezza diversificata di un oggi sempre più cosmopolita e senza confini.
Solo chi non vuol vedere rende grigio il suo vivere.
testo a cura di Giorgio Cattani per 7MQ
L’artista Stefano Pizzi, vicedirettore ed attualmente titolare di Cattedra di Pittura, Responsabile delle Relazioni Esterne e della Comunicazione e membro del Consiglio di Amministrazione all’Accademia di Belle Arti di Brera, nasce negli anni ’50 del secolo scorso. Una formazione artistica ed intellettuale, iniziata a Milano, nel Palazzo Braidense, nel corso degli anni ’70 dove ha frequentato
dapprima il Liceo Artistico e in seguito la Scuola di Pittura dell’Accademia. Gli anni di studio hanno quindi coinciso con i fermenti sociali di quel periodo storico segnando indelebilmente l’indirizzo della sue ricerca, indirizzandola così nel solco dell’impegno sociale. La scelta estetica di Pizzi si concentra, in ambito laboratoriale, sul dialogo tra la pittura e il suo supporto che tecnicamente si esplicita in un rapporto imprescindibile tra l’iconografia dipinta ed i materiali sui quali sceglie dare forma al suo linguaggio. Una dialettica tra soggetto e contesto, significato e significante che, da sempre, contraddistingue il lavoro dell’artista
all’interno del sistema dell’arte verso il quale ha sempre assuntouna posizione critica se non antagonista. Di fatti si allontana volutamente da un concetto, a suo avviso, superato di “arte per l’arte”, ponendo invece cura e slancio vitale su un linguaggio artistico che sappia trovare nel reale e nella storia sociale gli interlocutori indispensabili. Come se il messaggio fondante della sua poetica potesse tradursi nella piena accettazione che non esiste una coscienza intellettuale dell’arte, bensì dell’opera d’arte se questa riesce a tradurre una visone del mondo che possa superare di gran lunga il suo artefice.
testo a cura di Francesca Boari